Arnaldo Gioacchini: il Cavallo di Troia era una nave !

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A volte, non sempre e non spesso, vi sono letture che lasciano perplessi e sopratutto sorpresi se non altro perché quello che si viene a leggere  ribalta completamente ciò che sappiamo, scaturito sempre dalle nostre letture o dalle nostre conoscenze acquisite magari tramite gli studi effettuati su quei testi classici ritenuti, almeno per la storia antica, molto attendibili soprattutto perché studiati e tramandati per secoli fino ai nostri giorni come una fonte indiscutibile di momenti, fatti e personaggi protagonisti di res gestae mitiche ed affascinanti. In questo caso, chi scrive, già aveva “drizzato le antenne” quando aveva letto su “Archeologia Viva” (una gran bella pubblicazione specializzata editata, da ben oltre 40 anni, dalla ottima casa editrice Giunti di Firenze che è nata nel 1956) un interessantissimo articolo dal titolo: “La guerra di Troia fu vinta da un cavallo o da una … nave?” scritto dal bravissimo archeologo navale e subacqueo italiano Francesco Tiboni, ricercatore dell’Università di Aix- en – Provence e Marsiglia, vacillando fortemente (è d’obbligo in questo caso)  su quella che universalmente, da più di 2.000 anni, è data “quasi” come una certezza assoluta, cioè che Troia fosse stata espugnata tramite lo stratagemma del famoso cavallo. Per inciso la sua  “rivoluzionaria” asserzione il bresciano dott. Tiboni l’ha anche ribadita, in maniera ancora più scientifica e dettagliata pure nell’edizione estiva di “Archeologia marittima mediterranea” (“An International Journal of Nautical Archeology”). Forte delle sue approfondite cognizioni di archeologo navale e subacqueo Tiboni  pone alla base della sua “dirompente” e “coraggiosa” affermazione (soprattutto perché il mito del Cavallo di Troia gode ormai da secoli e secoli di una consolidatissima internazionalità fino addirittura ad entrare nel moderno uso informatico con il termine di  trojan o trojan horse – Cavallo di Troia – che è una vera e propria dirompente trappola  nascosta  all’interno di un programma  apparentemente innocuo),  il fatto che alla base del tutto vi è stato, ad un certo punto, un errore di traduzione! Ovviamente Tiboni, da studioso e ricercatore di rango  quale è, supporta la sua notevolissima affermazione con tutta un’ampia documentazione storica e storiografica. Ma partiamo dall’inizio cioè da quando al giovane  archeologo italiano si è accesa la “scintilla” per iniziare la sua più che impegnativa ricerca durata ben due anni il che è avvenuto (come dice lo stesso Tiboni) mentre stava leggendo un testo dello scrittore greco Pausania e si imbatte nella frase (ovviamente tradotta dal greco): “Che quello realizzato da Epeo fosse un marchingegno per abbattere le mura e non un cavallo, lo sa bene chiunque non voglia attribuire ai Frigi un’assoluta dabbenaggine. Tuttavia, la leggenda ci dice che è un cavallo”. A questo punto all’archeologo navale Tiboni, che conosce a memoria tutta la tipologia delle navi antiche, il forte dubbio si è già insinuato nella mente e parallelamente il suo pensiero va subito al tipo di nave assiro-fenicia chiamata hippos avente la polena a forma di cavallo! Per inciso già nel XVII  secolo alcuni studiosi avevano formulato l’ipotesi che il Cavallo di Troia non fosse tale ma bensì una nave sacra ma la cosa finì là perché non individuarono il tipo di nave. Secondo Tiboni l’equivoco traduttivo dall’Iliade di Omero che trasformò una ben definita nave (la hippos) con la polena a forma di testa di cavallo in un cavallo avvenne intorno al VII secolo a.C. ma soprattutto successivamente fu Virgilio (che ben 700 anni dopo) in piena latinità, scrisse ampiamente che per quanto riguarda l’espugnazione della ben munita Ilio dalle possenti mura si era trattato di un equus (cavallo) ligneo costruito all’uopo. Vi è da dire che gli Achei assediarono Troia (1.250 a.C. c.a.)  con un  esercito poderoso ivi portato da ben 1.178 navi! Navi che Omero ben cita nel Libro Secondo dell’Iliade ( Il Sogno ed il Catalogo delle navi) specificandone l’ appartenenza ai singoli re ed il numero in possesso di ognuno di loro. L’Iliade  non parla della caduta di Troia fermandosi nella narrazione al libro XXIV (Il riscatto di Ettore) non raccontando affatto l’espugnazione della città e dell’inganno con cui fu presa mentre lo stesso Omero ne fa solo un breve accenno nell’ Odissea. Cosa invece trattata per esteso da sconosciuti autori vari nell’ Iliou persis – la caduta di Troia – (facente parte del Ciclo Troiano  andato perduto) . Per quanto asserito da Tiboni conviene tornare alle sue parole: “ Una nave che cadde in disuso nei secoli successivi  e chi tradusse in seguito non ne era proprio a conoscenza dell’esistenza. Ma Omero, nei suoi versi, è invece preciso nel suo linguaggio marinaresco”. Quanto detto da Tiboni mi ha generato  una serie di riflessioni: Athena era la dea protettrice dei Greci e dei maestri d’ascia (i costruttori di navi) e sicuramente i troiani sapevano ciò e quindi un dono di una nave sacra lasciata in secco in omaggio alla dea per ingraziarsene il (finto) ritorno a casa poteva possedere una forte credibilità e poi, per altro, dalle alte mura di Ilio si poteva vedere benissimo la costruzione ex novo di un cavallo ligneo e di quanto veniva apprestato intorno a lui. Per non dire della facilità di alaggio di una nave, con sotto lo scafo le travi ingrassate all’uopo e con il traino effettuato da persone o ancor meglio da quadrupedi con lunghe funi poste ai due lati, un sistema a tutt’oggi ancora in uso in molte parti del mondo per imbarcazioni piccole e grandi. Su questa sua scoperta Tiboni sta scrivendo un libro e visto l’argomento di grande interesse non si può pensare che il tutto lo si possa liquidare  con un dispregiativo (in greco) “bàlle eis kòrakas” che in italiano sarebbe un “vai a quel paese” ma molto più scurrile.

Arnaldo Gioacchini  Membro del Comitato Tecnico Scientifico dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale